Città costruite per dividere:
scene di ordinaria disuguaglianza

L’urbanistica è da sempre uno dei vettori più potenti di disparità. Attraverso la pianificazione urbana è infatti possibile destinare precise zone d’uso a precise classi sociali. Basti pensare ai ghetti afroamericani negli Stati Uniti o semplicemente alle periferie delle città occidentali.

Che siano stati frutto di ideologie ormai decadute o conseguenza di un’edificazione incontrollata, i confini continuano ad esistere anche nelle città più moderne. E se i muri che li delimitavano sono stati abbattuti, tali barriere continuano ad erigersi: invisibili ma tangibili. A documentare questo fenomeno ci ha pensato il fotografo statunitense Johnny Miller, che avvalendosi dell’aiuto di un drone, ha fotografato dall’alto il contrasto tra le zone ricche e quelle povere di diverse città nel mondo.

Unequal scenes” (Scene di Disuguaglianze) è il titolo dato al progetto fotografico partito nel 2016 in Sudafrica. Johnny Miller, statunitense, si era infatti trasferito nel 2011 a Cape Town per studiare antropologia. Nella capitale sudafricana Miller ha fin da subito notato come la segregazione razziale dell’apartheid a livello urbanistico fosse ancora ben visibile: «Durante l’apartheid, la segregazione degli spazi urbani è stata istituita come vera e propria politica. Strade, fiumi e altre barriere sono state costruite e modificate per tenere separate le persone. 22 anni dopo la fine dell’apartheid molte di queste barriere e le disuguaglianze che hanno generato ancora esistono. Spesso esistono comunità di estrema ricchezza e privilegio a pochi metri di distanza da situazioni squallide e baracche».

Papwa Sewgolum Golf Course, Sudafrica

Proprio in Sudafrica Miller è riuscito a catturare uno degli scatti più emblematici della sua raccolta, reso ancora più interessante da una storia paradossale. Nella città di Durban si trova infatti il Papwa Sewgolum, un famoso campo da golf. Al di là dei verdi prati, separata da un basso muro di cinta in cemento, sorge una baraccopoli.

Il Papwa Sewgolum Golf Course e la baraccopoli di Durban (Johnny Miller, Unequal Scenes)

Il campo da golf in questione prende il nome da Sewsunker Papwa Sewgolum, un golfista di origine indiana, che negli anni dell’apartheid fu vittima di gravi discriminazioni razziali. Papwa Sewgolum vinse infatti nel 1965 il torneo del Natal Open proprio a Durban, trionfando come unica persona di colore tra i 113 partecipanti. Il Durban Country Club all’epoca non permetteva l’ingresso alle persone di colore, e Papwa fu quindi premiato all’esterno della club house, sotto la pioggia battente. La sua “celebrazione”, trasmessa in diretta televisiva mondiale, scatenò l’indignazione di molti paesi, che imposero delle sanzioni agli eventi sportivi sudafricani. Quello che doveva essere il trampolino di lancio del giovane golfista indiano fu invece l’ultimo atto della sua carriera. Il governo sudafricano bandì Papwa da tutti i tornei locali e gli ritirò il passaporto in modo da impedirgli di gareggiare all’estero. Il golfista andò così in rovina e morì a soli 50 anni per un colpo al cuore.

Il contrasto tra il campo da golf e la baraccopoli visto da Google Maps
Dar es Salaam, Tanzania

L’attività di Johnny Miller non si è limitata solamente al Sudafrica. In Tanzania, a Dar es Salaam, è netta la divisione tra la ricca città di Masaki, ex area europea riservata ai signori coloniali britannici e tedeschi, e Msasani, povero sobborgo posto dall’altra parte della strada.

La verde enclave di Masaki e le abitazioni fatiscenti di Msasani a Dar es Salaam, Tanzania (Johnny Miller, Unequal Scenes)
Nairobi, Kenya

A Loresho, sobborgo di Nairobi (Kenya), a pochi metri di distanza le une dalle altre, si erigono abitazioni fatiscenti fatte di lamiera e lussuose villette a schiera. Così Johnny Miller descrive gli scenari di Loresho: «Come in molti posti nel mondo, i ricchi e i poveri sono separati da una sottile striscia di cemento. Queste barriere, concrete o immaginarie, rappresentano la separazione dovuta alla classe sociale, una separazione che non verrà superata per ancora molte generazioni a venire».

Loresho, Nairobi (Kenya)

A Loresho gli edifici fatiscenti sono distanti solo pochi metri dalle costruzioni più lussose, e tra le due “realtà” sono stati posti dei varchi dove è necessaria l’identificazione per poter passare.

La baraccopoli di Loresho a Nairobi, Kenya

 

Il cancello che separa la bidonville di Loresho dalle villette a schiera

Provocare e far riflettere, questo l’obiettivo di Johnny Miller, che commenta così il suo racconto: «Se queste immagini hanno provocato un fastidioso senso di paura, desolazione, e un’inquietante sensazione di complicità – bene. Era quello che intendevo fare».

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