Malattie rare: in attesa del nuovo piano nazionale, pazienti e operatori si raccontano

Alessia è una ragazza di 15 anni, soffre di una malattia genetica rara, eppure questa non è la prima cosa che si vede in lei. Ad attirare è infatti quell’intramontabile allegria che cattura chiunque fin dal primo sorriso. È quell’indescrivibile voglia di correre, muoversi, saltare, ridere e cantare disperatamente per ore e ore senza mai stancarsi. Come ci raccontano i suoi genitori, e come ci dimostra lei stessa, nonostante la malattia, ogni mattina Alessia sembra rinascere, rompendo ogni volta quella bolla che la rende così diversa e al tempo stesso così speciale. Perché, tutto sommato, a renderla “rara” non è la malattia, ma la sua voglia di vivere.

La malattia di Alessia si chiama Glut1D, o deficit da Glut1, ed è una malattia genetica rara che le è stata diagnosticata solo a 4 anni circa. La diagnosi delle malattie rare, infatti, è un percorso lungo e difficile. Questo perché non sempre si mostrano in modo chiaro, a volte ci vuole tempo. Altre volte, invece, i pazienti rimangono per tutta la vita senza una risposta. La malattia di Alessia, dunque, si è manifestata fin da quando era piccola attraverso forme di epilessia. Un giorno poi, grazie all’illuminazione di uno dei dottori da cui era seguita, le è stata diagnosticata la sindrome da deficit di Glut1. Ciò significa che il suo sangue non è in grado di sintetizzare gli zuccheri, portandola a vivere sotto una rigida dieta chetogenica a base di grassi.

I disturbi che si possono presentare nelle persone che soffrono di questa malattia sono circoscrivibili a quattro macro-categorie: disturbi cognitivi, comportamentali, del movimento e sintomi intermittenti come mal di testa, stanchezza e spossatezza elevate al massimo nel momento in cui si presenta la crisi.

In sostanza, una persona affetta da deficit di Glut1 tende a essere sempre affamata, ha difficoltà di pensiero, di apprendimento, di controllo del corpo e nella comunicazione. Tra questi disturbi non bisogna dimenticare il rischio di crisi epilettiche, che si iniziano a manifestare già intorno ai primi mesi d’età. Eppure, la malattia non porta esclusivamente cose negative. Infatti, chi soffre di Glut1D tenderà ad avere un carattere aperto, empatico e scherzoso, una notevole perseveranza e buone abilità sociali.

ALESSIA ED ENRICO, DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

Alessia ed Enrico sono fratelli. Vivono insieme nella stessa casa e sono accomunati da abitudini simili che spaziano dall’andare a scuola, all’uscire con i propri amici, fino alla voglia di viaggiare. Con MasterX li abbiamo intervistati per scoprire qualcosa in più sulla loro routine.

 

Di seguito l‘intervista audio completa:

 

ITALIA: SONO CIRCA 8 MILA LE MALATTIE RARE ESISTENTI

Al mondo esistono circa 7-8 mila differenti patologie rare, l’80% delle quali di origine genetica. In Italia, secondo quanto riporta Orphanet – il più grande database al mondo sulle malattie rare – corrispondono a circa il 3% della popolazione, ovvero circa 2 milioni di malati rari. Come spiega il direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, Bruno Dallapiccola, nell’Unione Europea una malattia si può definire rara solo «quando la sua prevalenza (ovvero il numero di casi presenti su una data popolazione) non supera lo 0,05%, ossia 5 casi su 10.000 persone».

La maggior parte di queste malattie è sconosciuta ai più. Si pensi alla malattia di Batten – un gruppo di patologie neurodegenerative di origine genetica – o alla sindrome di Williams, anche in questo caso genetica e di difficile diagnosi. Chi soffre di questa patologia presenta disturbi cardiaci, complicazioni renali e difficoltà psicologiche di apprendimento o deficit visuo-spaziali e motori. O ancora, la sindrome da Deficit di Glut1 che interessa appunto il metabolismo cerebrale, o la malattia di Pompe, una patologia neuromuscolare rara, cronica e debilitante. La lista di malattie di questo tipo è lunghissima, e la loro rarità grava sui pazienti che spesso non riescono a trovare una diagnosi corretta, rimanendo così orfani di diagnosi. E questo perché una malattia rara può essere anche un insieme di più patologie, dove a spiccare è solo una speciale particolarità che sovrasta le altre, portandole in secondo piano.

IL NUOVO PIANO NAZIONALE PER SOSTENERE I PAZIENTI

La risposta dello Stato arriva attraverso Leggi Quadro e Piani Nazionali, come quello che dovrebbe essere pronto entro la fine del 2020. Il Piano Nazionale delle Malattie Rare serve per dare unità alle azioni intraprese dallo Stato verso il settore delle malattie rare, appunto. Insomma, nasce dall’esigenza di condividere una strategia nazionale di pianificazione delle attività. Eppure, l’ultimo Piano era scaduto nel 2016, non aveva finanziamenti e, da quanto riporta Domedica, non sarebbe nemmeno mai stato realmente attuato. Secondo le dichiarazioni di Annalisa Scopinaro – direttrice di UNIAMO, Fondazione Italiana Malattie Rare – a MasterX, una possibile spiegazione per questo ritardo potrebbe trovarsi sia nel ripetitivo cambio di governi degli ultimi anni, sia in una non completa consapevolezza delle difficoltà sempre maggiori che i malati rari vivono ogni giorno.

In risposta a questa necessità, lo scorso 20 giugno è stata istituita una commissione che si starebbe muovendo per l’aggiornamento del Piano. Il gruppo di lavoro è formato da ministero, Regioni, Agenas, Iss, Aifa, Federazione Uniamo, Comitato Ema e Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.

«Il nuovo Piano sarà un aggiornamento del precedente, con alcune novità» ci conferma Annalisa Scopinaro. Per esempio, analizzerà gli aspetti più critici dell’assistenza e focalizzerà l’attenzione sul monitoraggio, le banche dati e i percorsi diagnostici e assistenziali. In più, sottolinea la direttrice di Uniamo: «dovremo prevedere l’integrazione delle ERN (European Reference Network) costituite nel 2017 a livello europeo. E stiamo cercando inoltre di uniformare il sistema e rendere più fluidi i passaggi delle persone fra le varie Regioni». Le reti di riferimento europee non sono altro che reti virtuali che uniscono l’Europa sul campo della sanità con l’obiettivo di favorire la discussione sulle condizioni delle malattie rare. Le prime sono nate proprio tre anni fa e coinvolgono più di 900 unità di assistenza sanitaria.

Un altro aspetto rilevante è quello della formazione, che non sarà centrato solo sulle Professioni Sanitarie, ma anche sulla necessità di formare i pazienti stessi. Dopodiché, sono già previste una serie di iniziative per migliorare la consapevolezza della popolazione. Tra questa la creazione di un nuovo sito del Ministero per un’interlocuzione diretta a parenti e Associazioni. Altre iniziative sono quelle “open” in occasione della prossima Giornata delle Malattie Rare, durante la quale si attiveranno anche varie campagne social e spot trasmessi in metropolitana e sui treni, da Italo a Trenitalia.

In attesa dell’uscita del nuovo Piano Nazionale, lo scorso dicembre è stata inviata una lettera indirizzata al viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, e alla Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Malattie Rare, sen. Paola Binetti, da parte dei pazienti malati rari, per pregarli di ricordarsi dei loro problemi e delle loro necessità nello stilare la nuova legge di bilancio. Lettera che non ha mai trovato una vera e propria risposta.

La Senatrice aveva presentato a luglio il V rapporto MonitoRare sulla condizione delle persone con Malattia Rara in Italia pubblicato dall’Associazione Uniamo. Il Rapporto servirebbe a diffondere la complessità dei problemi con cui ancora oggi devono misurarsi le famiglie con membri che soffrono di una malattia rara. Nato cinque anni fa, ha l’obiettivo di monitorare le azioni del Piano Nazionale. E, come ricordato da Annalisa Scopinaro, giunto ormai alla sesta edizione, testimonia i passi avanti fatti in questi anni specialmente nel campo dell’informazione.

DA DOVE ARRIVANO GLI AIUTI?

Esistono tanti livelli di malattie rare, con danni e gravità diverse. Questo infatti è un mondo enorme e la maggior parte delle volte sentirne parlare può far paura. Si tende a pensare a un malato raro come a una persona che vive una vita incredibilmente lontana da quella delle persone comuni, caratterizzata da una serie di difficoltà elevate alla potenza. E questo, molte volte, rischia l’allontanamento di questi dalla società. Eppure, avere una malattia rara non può e non deve essere considerata una scusa per privare queste persone di una vita sociale il più possibile “normale”, come avere degli amici con cui andare a bere qualcosa, un lavoro con cui comprarsi il necessario per vivere e perché no, anche un profilo Instagram su cui passare le ore di noia.

La sfida più grande che ogni giorno una persona malata deve affrontare è quella di riuscire a integrarsi con la società. Dall’istante in cui si sveglia a quando deve andare a letto, si trova costantemente di fronte a muri che deve riuscire ad abbattere, perché issati, nella maggior parte dei casi, dall’indifferenza delle persone intorno a loro. Eppure, non si può nemmeno categorizzarli come persone sole. Molti godono infatti del sostegno di parenti, amici ed insegnati che tra casa e scuola li accompagnano in un percorso destinato al miglior ingresso possibile nella società.

INTERVISTA A UN’OPERATRICE SOCIO SANITARIA

Martina (nome di fantasia) è un’operatrice socio sanitaria della provincia di Verona. Da trent’anni ormai, lavora a contatto con ragazzi affetti da vari tipi di disabilità. A partire dall’autismo, fino alla sindrome di Down e alle malattie rare più varie.

MasterX ha parlato con lei per conoscere nel dettaglio il lavoro e le difficoltà che un operatore sanitario deve affrontare ogni giorno. Questo perché, come ci racconta lei stessa, la sua è una professione che, forse, non viene riconosciuta per la vera importanza che ha. L’operatore sanitario infatti, è una figura che va oltre il semplice sostegno a chi non riesce a fare autonomamente le azioni più comuni, come mangiare o andare in bagno. Senza contare che, dal punto di vista pratico, la professione dell’assistente operativo ha visto un cambiamento nel corso degli anni. Dai tagli nell’orario di lavoro, fino a problemi burocratici di varia natura, in una costante battaglia tra i finanziamenti, la lotta con le cooperative e un orario striminzito. E a rimetterci sono sempre i ragazzini che si trovano privati della possibilità di migliorare. Questo tipo di relazione, ridotta a poche ore alla settimana, non permette dunque a Martina e ai suoi colleghi di creare un rapporto di fiducia col bambino, rendendo il suo lavoro molto più difficile.

Di seguito la sua testimonianza su cosa sia il lavoro dell’operatore sanitario:

 

Le difficoltà per i ragazzi colpiti da malattie rare sono numerose. A partire da un’indipendenza che non sempre è possibile ottenere, fino ad un’integrazione difficile da raggiungere. Come sottolinea Martina dunque, a questi ragazzi sarebbe più utile insegnare a vivere la vita al di fuori della scuola, a raggiungere la loro autonomia, per riuscire ad andare a mangiare una pizza senza l’aiuto di nessuno. Per molti ragazzi infatti, riuscire a portare a termine cose che i loro stessi compagni fanno in poco tempo è uno dei problemi più rilevanti. Ma soprattutto, servirebbe una maggiore consapevolezza non solo all’interno delle aule e delle scuole, ma anche tra gli stessi cittadini. Come dice Martina: «bisogna approfondire di più, e non soffermarsi solo al “poverino”». Perché ogni malattia è diversa dall’altra e ogni ragazzino la esprime a proprio modo, secondo il proprio carattere e la propria esperienza personale.

A seguire la seconda parte dell’intervista a Martina sulle difficoltà dei ragazzi colpiti da malattie rare:

 

Perché in fondo, tutti nascono con qualche difetto, nessuno è perfetto. Certo, in alcuni è più evidente, più insistente e li accompagna per sempre. Altri invece lo riescono a tenere ben nascosto da occhi indiscreti. Eppure, tutti nascono con qualcosa di “diverso”, di “raro”. La maggior parte delle volte senza rendersi conto che è proprio quel qualcosa a renderli unici e inimitabili. Ma la vera differenza è che i primi, quelli che vengono guardati con la coda dell’occhio, sono capaci di ridere, ma non alle spalle di qualcuno, bensì di ridere e basta. Di vivere, di amarsi, di divertirsi davvero, senza preoccuparsi di quello che dice la gente.

Giulia Taviani

24 anni, nasco a Verona, mi sposto a Milano ma sogno Bali. A sei anni ho iniziato a scrivere poesie discutibili, a 20 qualcosa di più serio. Parlo di attualità nel podcast "Mo' To' Spiego" e di vino in "De Buris: Il lusso del tempo". Ho scritto di cinema, viaggi, sport e attualità, anche se sono fortemente attratta da ciò che è nascosto agli occhi di tutti. A maggio 2020 ho pubblicato il mio primo libro "Pieno di Vita"

No Comments Yet

Leave a Reply