Governo, Conte incassa anche la fiducia alla Camera

Dopo il sì del Senato arriva anche quello della Camera. Con 350 voti favorevoli, 236 contrari e 35 astenuti il governo Conte ha la fiducia a Montecitorio. Il nuovo esecutivo incassa quattro consensi in più rispetto alle aspetttive.  Tra M5s e Lega infatti Giuseppe Conte poteva godere di 346 voti favorevoli: 222 dai deputati pentastellati e i 124 deputati del Carroccio. I quattro aggiuntivi sono arrivati infatti dal Maie (2), il Movimento degli italiani all’estero, e dal Gruppo Misto (1), nel quale sono entrati a farvi parte alcuni esponenti grillini espulsi dal Movimento per alcune vicende giudiziarie.

Governo, Conte ottiene la fiducia in Senato: 171 sì per i gialloverdi

Inoltre tra i consensi al nuovo governo si conta anche quello Vittorio Sgarbi, in parlamento come deputato di Forza Italia, che subito dopo aver espresso il suo giudizio sull’esecutivo ha affermato ridendo: «Il premier non è stato incaricato dal presidente Mattarella, ma da Luigi Di Maio e Matteo Salvini, dopo che Salvini era stato incaricato da Silvio Berlusconi. Si può dire che Salvini è un Bersani riuscito. Dove c’è il disordine – ha concluso – io prospero e quindi voterò la fiducia per assistere al vostro declino».

Tra i commenti a caldo dopo la fiducia alla Camera, come martedì a Palazzo Madama, arriva il cinguettio del Premier: «Da oggi pronti a lavorare per migliorare la qualità della vita degli italiani».

Prima delle dichiarazioni di voto il presidente del Consiglio illustra alcun degli obiettivi del governo giallo-verde: legittima difesa, istruzione, migranti. Il governo del cambiamento sembra iniziare senza distruggere completamente quando creato in precedenza: «Nell’immigrazione come nella scuola non arriviamo qui per stravolgere ciò che di buono è stato fatto».

Tra i momenti più delicati del lungo discorso di Conte alla Camera oltre alle considerazioni sul debito pubblico italiano e sulla necessià di una nuova negoziazione con l’Unione Europea, ci sono state le sue affermazioni sul conflitto d’interesse che hanno sollevato i fischi e le contestazioni dei deputati del Partito Democratico, poi richiamati alla calma dal presidente Roberto Fico.

Ad attaccare direttamente il premier e il nuovo esecutivo sono stati principalmente gli esponenti di Forza Italia i Dem. Il capogruppo di quest’ultimi, Graziano Delrio, ha tuonato: «Conte non venga a parlare in quest’Aula di cose che non conosce, sia umile. Studi, abbia umiltà di studiare, non venga qui a fare lezioni. Non faccia il pupazzo in mano ai partiti, si faccia sentire. Lei ha detto di essere orgoglioso di essere populista, ma stia attento con le parole perché in nome del popolo sono stati commessi genocidi: sto parlando della storia dell’Europa». E dopo la gaffe del premier che sembra scordarsi dell’omicidio del fratello del Presidente della Repubblica per mano della Mafia definendolo un “congiunto” della più alta carica dello Stato, l’ex ministro delle infrastrutture del governo Gentiloni afferma: «Piersanti, si chiamava Piersanti».

 

E anche il partito di Silvio Berlusconi tira una sferzata al presidente del consiglio per bocca di Maria Stella Gelmini:

«La campagna elettorale è finita. Il tempo della propaganda, degli slogan, delle dirette Facebook, degli insulti al Palazzo o alla casta, come la chiamate voi, è finito. Ora il ‘palazzo’ siete voi: tocca a voi dimostrare di avere la capacità di governare questo Paese».

(CS)

No Comments Yet

Leave a Reply